Indice
IL RIPOSO DELLA LUNA
E quando la notte
fu tinta di mille commedie d’amore,
la luna,
come un’attrice stanca,
dormì,
dopo aver recitato il suo argenteo monologo.
L'AGNELLO NASCOSTO
Un suono di zampogne,
vicino, vicino,
sapore di malinconia.
Senso di cose perdute e lontane,
dolcissima musica,
vorrei non sentirti.
Non voglio sentirti.
Ti prego, non finire!
Musica di agnelli innocenti:
perché vi fanno morire?
Quanti agnelli uccidiamo ogni giorno.
Il suono continua: fioco, lontano.
Non mentiamo a noi stessi:
esso è il gemito dell’agnello
che in noi ha paura di esistere.
DOVE SEI?
Io ti cerco sui sentieri del mondo.
Mi par di sentir la tua voce
fra mille azzurrissime onde.
Io t’inseguo dove il fogliame
più ricco di verde è battuto dall’oro.
Avverto la tua presenza suprema
quando, il lampo minaccioso,
rammenta l’uomo dei suoi errori
e nel connubio degli elementi in azione
tutto forse si compie in tuo nome.
Dove sei Onnipotente ?
E’ vero che un giorno con il tuo sangue
purificasti lorde coscienze e,
che esso bagnò fiumi e terre
come un benigno fuoco rinnovatore?
Continuo a vederlo quel sangue.
Sgorga copiosamente dovunque e,
non si arresta.
Esso continua la sua dolente canzone
che Tu un giorno, iniziasti
senza serbarci rancore.
MALINCONIA
Un po’ di malinconia.
Quel sorriso che non ci scambiammo.
Oggi non ho avuto pazienza.
Volge un giorno e,
domani non saprei.
SOLO
E nel suo giaciglio,
dopo ch’ebbe con la compagna
placato furie di carne e di pensiero,
l’uomo fu solo.
E dopo ch’ebbe discusso con altri
di esistenza e di ragione,
fu ancora solo.
Anche dopo aver vinto
come un’abile stratega
la battaglia quotidiana,
rimase solo.
Avrebbe voluto la chiave fatata
per uscire
incolume dal suo labirinto.
Soltanto in quel giorno di sole,
quando raccolse il biondissimo grano
che un lontano giorno seminò,
si accostò al mondo intero e capì
che era giunto il momento
di godersi la sua pace.
MUSICA
Strega inebriante dai mille colori !
Ci accompagni nei dorati vortici
della fantasia.
Un antico valzer e ci porti
ebbri in una girandola senza fine.
Tu che con un crescendo,
inciteresti i deboli
a diventare eroi.
Una melodia
e fai sincero l’amante menzognero.
Chi t’ode, s’abbandona e ti beve
come l’acqua di sorgente
in un giorno di sole cocente.
Farfalla voluttuosa,
casta, potente e dolce.
Simile ad un giorno di marzo
che decide i fragili umori
dai ebbrezza e splende il sole,
cambi, melanconica dolcemente irritante
ed è notte.
Dolce sale delle nostre emozioni.
Chi non t’ama è marmo incompiuto !
BOXEUR
Nei tuoi occhi la fame di un bimbo
che non ha mangiato abbastanza.
Sulle tue labbra
il sangue e la paura
di chi non deve soccombere
Nei tuoi pugni
l’ira e la caparbia
di piegare mani
che un giorno ti umiliarono.
Vincere per stordire il passato:
un pane diviso in molti,
perché la notte non ti ha mai accolto
fra lenzuola di seta.
E vinci. Sei un campione
Bambino dai muscoli d’acciaio
poi, lotterai per dimenticare.
UTOPIA
Ci avevano insegnato
a porgere l’altra guancia
all’affronto.
L’orrore l’ha distrutta.
Perdonare.
Come perdonare il demonio ?
Perdonare coloro che fanno
del sangue
il loro stendardo ?
Larve mostruose
che insidiano i cuori
e corrodono le carni.
Siamo stanchi e sgomenti,
ma speranza ci accompagna ancora,
fragile vessillo che, come un amore fedele
condivide le nostre emozioni.
Vivere non solo per noi.
Si può. Dobbiamo.
Annientare l’odio con l’amore.
Sempre e soltanto un’utopia?
UN VOLTO TRA LA GENTE
I tuoi occhi raccontano
favole lontane e perdute,
e, guardando la tua bocca,
penso ai baci mancati
nel castello della mia mente.
Mi passi accanto senza riconoscermi
perché sgomenta della tua esistenza,
mi sono nascosta
dietro un muro di silenzio.
QUANDO NON CI SARAI PIU'
Quando non ci sarai più
rimpiangerai le lunghe ore
che colmavano
il vuoto di grigi giorni.
Era comunque d’oro caldo
l’obliquo nastro di sole
che fendeva
l’animo tuo ibernato.
Ed era certamente vivo
il pianto tuo
quando brigavi
col mondo intorno.
Quando verrà il momento
che ti daranno il biglietto
per l’ignoto viaggio,
non permetterti il lusso di far scena:
ne lacrime, ne pianti, ne isterismi.
Ci sarà solo il cambio
della guardia.
Un’altro esisterà col sangue tuo,
carne della tua carne,
camminerà nell’esistenza grande
della vita.
E, come sempre,
Signora Morte,
s’annoierà ad aspettare ancora.
PIOGGIA
Sottili fili incolori
che posano dovunque.
Leggeri e indifferenti,
non hanno preferenze:
sul muro, sulle viole,
sull’uomo e sul selciato.
Precisi e frettolosi
feriscono passanti,
ahimè nemmeno i cani han scampo.
Continuano la danza
a ritmo più veloce,
che fretta par che hanno
di terminar la ronda.’
Cessata è ormai la pioggia.
Sorrido mestamente
pensando a quel che ha fatto.
Peccato che tra un poco
lo sporco tornerà.
IL DIO DENARO
Ho visto un uomo
che urlava impazzito per strada,
aveva perduto il denaro.
Una donna
offrire il suo corpo
al denaro.
Ho visto due fratelli
scannarsi da matti:
spartivan il prezioso denaro.
E la grande città
è oramai un tempio pagano
dove adorano
solo il Dio Denaro.
Volevo andare a guardare,
ma non mi han fatto entrare
perché non avevo denaro.
PALCOSCENICO
Abbiamo paura di avere paura.
Amiamo perché vogliamo amore.
Siamo gentili a volte per viltà.
Mentiamo per il terrore della verità.
Sognamo perché rinneghiamo la realtà.
Cantiamo per non udire i nostri lamenti.
Danziamo per calpestare l’incubo che ci rode.
Viviamo per sfidare la morte.
Esistiamo perché ce lo hanno imposto.
Recitiamo per confondere le nostre coscienze.
Sfilano sul palcoscenico della commedia umana
uomini, donne, giovani e vecchietti,
guitti o grandi attori,
chi men , chi più , ognuno recita una parte.
INDIFFERENZA
Il tuo volto scolpito nel marmo
scalfisce impietoso
le mie dolorose mestizie.
La sfinge era più viva.
Guardarsi e non vedersi.
Sentire e non capire.
Metastasi di apatia.
Da tempo era nato il tuo male.
Non potevo capire,
non mi piace pensar
di finire.
La sfinge era più vera.
Continuo a guardare quel marmo
e sento che manca
il violento metallo.
Il duro metallo,
che voglio lanciare con forza
sul volto di pietra.
Io voglio spaccare
lo sguardo di statua,
non posso, non voglio
restare a guardare,
il mostro di pietra.
Forse la sfinge mi avrebbe risposto.
NOTTE SUL MARE
Immenso e cupo mormori un lento notturno d’amore. Timida una lampara occhieggia tra le tue oscure pieghe. La luna attonita ti fissa lontanamente mentre l’aria pregna del suo salato profumo inonda i nostri corpi sfiniti dal sole.
AMORE
Prenderti per mano
e portarti via.
Nasconderti in un luogo
bellissimo,
per dirti
cose dolcissime.
Entrare nel corpo
e nell’anima tua
per mandar via la paura.
Venire nel corpo
e nell’anima mia,
per cacciare le tue paure.
Ed annegare nei tuoi occhi
sino a sentirmi mate
e sentirmi male
se non lo potessi fare.
Passarti le dita
fra i capelli
e sentirli morbidi sotto la pelle.
E baciarti gli occhi
e morderti le labbra
sino a vedere sangue
e piangere,
chiedendoti perdono
di tanto amore.
E' SOLO NOSTRA
Ci danno soltanto una vita.
Possiamo viverla solo una volta.
La vita è soltanto nostra.
Non ricattateci moralmente.
Non legate le nostre mani
con catene d’amore.
Non copriteci gli occhi
con le pesanti bende dell’illusione.
Non ottenebrate le nostre menti
con le opache nebbie del dolore.
Non zittite le nostre voci:
vogliamo che ci odano forte.
Potete tradirci,
ferirci,
insultarci,
ma non potete prendervi la vita.
E’ soltanto nostra.
LIBERTA'
Vagare nel cuore della notte
senza voltarsi indietro.
Dire quello che pensiamo.
Rispettare le opinioni altrui.
Godere di un giorno di sole.
Sorridere di sé stessi.
Disponibili e mai strumentalizzabili.
Guardare il nostro simile negli occhi
senza averne paura.
Non diventare schiavi del denaro.
Rifiutare qualcosa
senza temerne le conseguenze.
Non avvelenarsi l’esistenza
alla ricerca del pianeta felicità.
Libertà di sognare voli sconfinati.
Ma le nostre ali sono corte e fragili.
Siamo uccelli in gabbia.
ANDARE
Andare lontano
per un ideale migliore.
Cercare qualcuno
per stringergli la mano.
Volare per paesi
liberi e felici
dove il pianto
è soltanto mormorio
di ruscelli trasparenti.
Mordere gioiosamente
un frutto goloso
sapendo
di non privarne nessuno.
VERITA'
Ti scansano come un ‘invasata.
Sei sempre calpestata.
Non vogliono udirti.
Pronti a ferirti.
Ti temono come la morte.
S’affidano alla sorte.
RICORDO
Le lunghe notti bianche
passate ad ascoltare i tuoi passi:
un camminar folle e vagante,
passi incerti, frettolosi e segreti
come un bimbo che ha paura
di essere sorpreso.
E le lunghe ore tra quelle mura grigie
e tra volti ebeti e sognanti
come parole sciocche senza senso.
Guerriero è l’equilibrio,
linfa della ragione.
Spettro bianco e rosso
che divelse dall’animo mio
tutto quello che è facile e leggero.
Ed è nebbia l’avermi generata:
tanto lontana da non sentirti mia
e troppo dolorosa per obliarti.
INVERNO
Gelido sovrano
del globo terrestre.
Maestoso principe
dei ghiacci e delle nevi.
Al tuo altero passare,
gente si china e trema.
SOLE
Sole!
Canzone dorata.
Carezza vellutata.
Ebbrezza incantata.
Tepore sognato.
Sogno ritrovato!
SOGNO
Ho vagato molto tempo,
ti andavo cercando.
Ho chiesto di te alla gente:
non ti conoscevano.
Ho bussato a una porta,
non mi hanno risposto.
Ho gridato il tuo nome.
Il vento lo ha spazzato via.
Mi sono smarrita
nel labirinto di un sogno.
SPIGHE DI GRANO
Danzando leggere al caldo alito d’oro si piegano gentili al bacio del dio sole. Sorelle rigogliose di buona madre terra anche il di voi spartire può fecondare guerra.
RISVEGLIO
Aghi di pino bagnati.
L’aria olezza
di umori mattutini.
Grappoli di rugiada
sbocciano
da uno scrigno
di prati profumati.
DON CHISCIOTTE
Ramingo se ne va
colui che non fu più.
Pieghe profonde
solcano le sue labbra.
Fardello immane
avere ancora un ideale.
Dove vai Don Chisciotte ?
Mostri d’acciaio
han divorato
i tuoi mulini al vento.
Piangi Don Chisciotte?
Sancho Ponza
è andato mercenario.
Tremi Don Chisciotte ?
Dulcinea ha imparato
a difendersi da sola.
Scappi Don Chisciotte ?
Due monelli
ridendo,
ti lanciano dei sassi.
IL VECCHIO E IL BIMBO
Due uomini vanno
tenendosi per mano.
Uno ha la barba bianca,
l’altro il moccolo al naso.
Il bimbo è corrucciato,
non ha avuto il gelato,
l’altro sorride estasiato
per un attimo incantato.
L’uomo dei palloncini!
Il gelato è dimenticato.
Ma il vecchio non ha scordato
quel volto corrucciato.
SUL LAGO
Specchio d’acqua silente.
Bianca una vela carezza il tuo torpore.
Due pescatori nascosti tra le canne
carpiscono segreti.
Lieve un uccello, ghermisce luccichii.
CAMPAGNA
Quiete e verdi distese
d’erba novella.
Mandorli e aranci
complici di zuccherini odori,
esprimono movenze colorate.
Lieve il ronzio di un trattore
culla il sonno di uccelli bruni.
PREGHIERA
Prega una donna
tra i banchi di una chiesa.
Vecchia consunta,
dalle tetre gonne.
A te m’accosto per udirti vera:
Preghiera per un bimbo
senza madre.
Per un soldato
che non fece più ritorno.
Preghiera per un folle
abbandonato.
Preghiera per chi
il mondo ha già lasciato.
Preghiera per colui
che non pregò.
A capo chino,
esco da quel tempio.
La vecchia e l’aero odore
dell’incenso,
mi velano lo sguardo ed il pensiero.
PAESAGGIO INVERNALE
Prega una donna
tra i banchi di una chiesa.
Vecchia consunta,
dalle tetre gonne.
A te m’accosto per udirti vera:
Preghiera per un bimbo
senza madre.
Per un soldato
che non fece più ritorno.
Preghiera per un folle
abbandonato.
Preghiera per chi
il mondo ha già lasciato.
Preghiera per colui
che non pregò.
A capo chino,
esco da quel tempio.
La vecchia e l’aero odore
dell’incenso,
mi velano lo sguardo ed il pensiero.
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SCOGLIERA
Frantumano pensieri
su asperità rosate.
Lenta si frange l’onda
su rocce lacrimose.
Melanconie socchiuse
in ruvide fessure.
Sul masso inamovibile
posa un ricordo caro.
TRAMONTO
Sfera sanguigna
che tra mare e cielo,
arbitro di arie ed acque
che all’orizzonte, bramose di connubi
avide fondono,
vacillante dardeggi cruenti bagliori,
prima di calar negli abissi.
GIUDA ISCARIOTA
Rovi s’annidan nel tuo cuor
Giuda Iscariota.
Vermiglie pene
stillan le tue mani,
e, all’ ombra cupa che,
ghignante s’avvicina,
un grido di dolore ti sfinisce:
– E’ facile per te Ponzio Pilato
avere quelle dita profumate!
AI POTENTI
Ai potenti risposero
con perfetti sorrisi,
Ai potenti piegaron
con inchini,
graziosi bambini.
Ai potenti furon date
primizie, tacendo mestizie.
Clementi, accolsero
con benevolenza ogni riverenza,
poi, stanchi di magnificenze,
dormirono i potenti,
senza udire tormenti.