Mostre
- 2016 Pittura e Grafica digitale – Galleria Spazio Arte Immagini, Cremona
- 2014 Pittura e Grafica digitale – Galleria Elle, Preganziol Treviso
- 2009 Scultura – Circolo culturale Bertolt Brecht, Milano
- 2008 Pittura – Punto Arte, Via Bergamo 2/C Monza
- 2024 Made4Art – Brera Milano
- 2022 S. Maria della Misericordia – Perugia
- 2018 Galleria Serio – Napoli
- 2017 Galleria Art Time – Udine
- 2017 Summer Exhibition (Made4Art) – Brera Milano
- 2017 Basilica di S. Ambrogio (oratorio della Passione) – Milano
- 2016 Galleria Quirinos – Koping (Svezia)
- 2016 Biennale città di Torino, Torino
- 2015 Ferie delle Messi – San Gimignano
- 2014 Palazzo Trinci – Campello sul Clitunno
- 2014 Palazzo Baronale – Calcate Viterbo
- 2014 Residenza il Poggiolo – Perugia
- 2014 Comune di Garlate – Garlate
- 2014 Biennale città di Torino – Torino
- 2014 Associazione circuiti dinamici – Milano
- 2013 Palazzo Collacchioni – Capalbio
- 2013 Galleria Sabrina Falzone – Milano
- 2013 1° Biennale internazionale Arte – Palermo
- 2012 Galleria Artemisia – Bergamo
- 2012 Galleria Spaziofficina – Roma
- 2011 Biennale di Messina – Messina
- 2011 Arte Padova – Padova
- 2011 Galleria Alba – Ferrara
- 2010 Galleria Spaziofficina – Roma
- 2010 Castello di Capalbio – Grosseto
- 2010 Castello Estense – Ferrara
- 2009 Galleria Civica – Monza
- 2008 Otto in mostra – Palazzo Falk, Lecco
- 2006 Fiera di Monza (associazione Paolo Borsa), Monza
- 2006 Art Gallery One Fit, Monza
- 2002 Sala civica Verri (PAMB), Biassono
- 2001 Luoghi d’arte in Monza – Rotonda di San Biagio (PAMB), Monza
- 2001 Vent’anni del PAMB – Galleria Civica, Via Camperio Monza
- 2000 Arte e cultura in autodromo (PAMB), Autodromo di Monza
- 1998 Casa del Volontariato (PAMB), Monza
- 1998 Monza più (PAMB), Autodromo di Monza
- 1998 Galleria Civica (PAMB), Via Camperio Monza
- 1997 Arte e poesia – Rotonda di San Biagio (PAMB), Monza
- 1997 Salone amici dell’arte (PAMB), Via Bestetti Villasanta
- 1996 Arte-grafologia – Palazzo ex Poste (PAMB), Monza
- 1995 Arte e poesia per la libertà – Rotonda di San Biagio (PAMB), Monza
- 1994 Complicità in arte – Salone ex poste (PAMB), Monza
- 1994 Arte in giardino – esposizione Villa ( PAMB), Monza
- 1992 Itinerari artistici – Villa Camperio (Cenacolo Poeti e Artisti Monza e Brianza:PAMB), Villasanta
- 1991 Jazz meet art – Scimmie, Navigli Milano
- 1977 Biennale Santa Chiara, Napoli
- 1975 Istituto Luca Giordano, Napoli
Recensioni
Claudia Bonandrini
Giulia Occorsio recita. I piedi nudi e una maschera a coprire il volto. Giulia Occorsio recita se stessa, si muove a passi sospesi, danza. E’ quindi da spettatori che ci si accosta alla sua opera, avvertendo subito il filo di una narrazione di origini antiche dibattersi al di sotto delle acque tranquille. L’artista trae infatti la propria ispirazione dalla classicità: evocata dall’uso della pietra e dai titoli allusivi e vissuta nella sua componente mitologica e narrativa. Cos’è un mito? Un racconto. Ci spiega Vernant: “ il mito si presenta sotto forma di un racconto venuto dalla notte dei tempi e che esisteva già prima che un qualsiasi narratore iniziasse a raccontarlo.”
Similmente Occorsio concepisce l’arte, ed in questo frangente che s’individua il valore della sua opera artistica, goccia nell’oceano della narrazione umana. Le dita, lo scalpello, le braccia dell’artista divengono gli aedi dell’antichità, e cantano la sua mitologia personale, riveduta e filtrata attraverso la presenza totalizzante dell’ego artistico. La scultura è movimento, vitalità, e forse per questo motivo ospite adatto a costringere una parte delle verità di Occorsio nella caducità della materia.L’arte di Giulia Occorsio affonda le proprie radici nella carne: è un percorso intimo, privato, che gioca su diversi livelli senza svelarsi mai completamente, in un alternarsi di verità rivelate subito dopo assolutamente negate. È un’arte ambivalente, duplice, che afferma e si tira indietro, confusa, in continua ricerca, e per questo, sincera.
L’espressione formale si avviluppa all’ambiguità della figurazione, mentre la riflessione tematica trova approdo e riparo nel mito come narrazione personale. Ma non tutto è rivelabile e la trasposizione dell’interiorità abbisogna di una barriera, una maschera come edulcorazione della nudità. Ecco che il teatro assume nell’artista l’espressione compatta e positiva dell’operatività, il gesto scenico diventa materia modellabile, le battute s’incarnano nel marmo, gli esametri si sciolgono nelle scaglie della pietra. Il cerchio si chiude, il racconto ricerca se stesso, la forma volatile e variabile del mito (simile la muta pietra di fronte alla molteplicità delle interpretazioni?) trova la vita nell’estensione, le proprie interiora nella materia: la poesia.
Claudia Bonandrini
“…ma tu dimmi: come e quando incontrasti la realtà?”
(Giulia Occorsio, “Il filosofo ed il poeta”)
Flavio De Gregorio
Alessandria 6 dicembre 2011
Il consueto riordino essenziale, dedito alla ricerca fatta con materiali vari, induce l’artista Giulia Occorsio a valorizzarne i cardini oggettivi del poetico e rivisitato mondo del sogno. In visione delle cromie e dei metodi riassuntivi con cui la pittrice stabilisce l’intenzione e la reattiva metamorfosi del segno, sono in sintesi concreta, riassunti tutti gli aspetti esistenziali, da cui condizionamenti silenti, il movimento è posto in relazione con i fatti dai quali Ella ha saputo trarre ispirazione e, per la cui intima visione, il sostegno evocativo della mimesi, dona fascino alla coerente e sistematica definizione degli elementi. Una struttura ricca di amore e pace che è partecipe alla condizione umana della sofferenza e, nel tempo dell’idillio universale, provato da sensi di attenzione volti al trapasso del sogno unico e spiritualmente vissuto, nell’eloquente serenità dei toni.
Flavio De Gregorio
Mimmo Di Benedetto
2018
Dalla pittura alla· scultura dalla grafica sino alle sperimentazioni digitali, il percorso creativo di Giulia Occorsio si caratterizza per un segno avvolgente, che nella sinuosità dello svolgimento crea e disfa ogni soggetto: descrivendolo non in forma compiuta ma secondo una personale grammatica di mutevolezza. Giulia Occorsio è affascinata dal movimento delle cose, dalla trasformazione, dalla vita in fieri: sa bene che ciò che è oggi non era ieri ne sarà domani. Per questo le sue opere sfuggono a precise classificazioni figurative, presentandosi piuttosto come forme vitali e per questo instabili: desiderose di proiettarsi al di fuori della costrizione di ogni perimetro. Sono opere che vivono al di qua ed al di là del supporto, capaci di appropriarsi dello spazio a loro intorno, perché inventano ogni volta una nuova prospettiva, mimano profondità inedite, ingannando l’occhio che non troverà mai un punto fermo. E’ l’invito ad indagare lo spazio intorno, a farsi domande, ad inseguire risposte.
Non è estranea al complesso inventivo di Giulia Occorsio una indagine sulla storia dell’arte: una certa idea di Futurismo è palese nella ricerca del movimento che in queste opere va a braccetto con l’Optical, con le istanze cinetiche, il tutto favorito da un controllato utilizzo della tecnologia di cui però si trascende la freddezza, anzi caricandola di tensione drammatica di sentimento, di nostalgia, come si conviene ad una artista informata e sensibile. Ne sono testimonianza i titoli di molte opere (Fine dell’infanzia. Esasperazione: La coscienza), la cui trama rivela una notevole capacità interpretativa. Ecco allora che tutta la produzione dell’artista si configura come un grande affresco contemporaneo in cui idea e soggetto.; tecnica ed emozione, si concentrano nello spazio ridotto del quadro che, in realtà, è una grande porta aperta a vastità inesplorate, verso cui siamo invitati a guardare.
Mimmo Di Benedetto
Patrizia Crippa
Monza 24 maggio 2008
Lo spazio e il racconto
C’è una bellissima frase di Hegel, all’inizio della Fenomenologia dello Spirito, nel capitolo dedicato a La Certezza sensibile, cioè alla certezza della sensazione, quella forma di conoscenza che si pretende immediata, e che pretende che la sua semplice immediatezza sia la verità.
Ebbene, dice Hegel che “molto altro è in gioco” anche in questa forma di conoscenza, e nel cosiddetto “puro essere” che ne costituirebbe l’essenza. “Infatti -dice il grande filosofo- una certezza sensibile reale non è soltanto questa immediatezza pura, ma è anche un gioco che si svolge a lato, un esempio di essa” (Fenomenologia dello Spirito, Bompiani, p. 171).
Stupenda immagine! Si manda all’aria qualsiasi pretesa semplicità e univocità di qualsiasi esperienza sensibile. Ogni esperire, ogni sentire è mediazione. Come a dire che la coscienza implica sempre un riflesso, un sentire di sentire, un suo raddoppiarsi nell’autoriflessione: sdoppiamento tra flusso vivente dell’esperienza, da una parte, e avvertimento di tale flusso, dall’altra. Per questo, dice Hegel, la coscienza non è mai immediata, ma è sempre un lavoro tra sé, l’altro da sé e ancora sé, un andirivieni continuo fuori e dentro di sé, creando e ricreando se stessa. Per questo la vita umana, mentre succede, si rappresenta. E’ questa la sua essenza specifica. L’uomo è quell’animale che, mentre vive, parla di sé, simbolizza sé e le cose e se stesso nelle cose. L’esistere umano si svolge sempre anche nel racconto che di sé fa l’uomo, come in uno specchio. Sono queste le suggestioni filosofiche suggeritemi dalla prima, breve, conversazione telefonica con Giulia Occorsio. Giulia mi disse, ad un certo punto della conversazione: “ … io non sono un’artista, sono una che racconta …”.
Mi colpì il richiamo al racconto che l’artista faceva parlando del proprio lavoro. Mi suonò come fosse un’allusione esplicita, anche se forse inconscia, a quel lavoro infaticabile della coscienza che, nel momento stesso in cui percepisce, tesse anche la trama della propria narrazione. Giulia stessa mi ha detto che la sua arte ‘sembra’ ingenua, e ho trovato queste parole intriganti, alla luce della riflessione di Hegel prima ricordata: viene voglia di scavare dietro a quel ‘sembra’. Il lavoro di Giulia plasma figure così cristalline nella loro determinatezza figurativa, da offrire alla sensazione un campo famigliare, immediatamente riconoscibile e agibile. Davanti alle sue tele l’occhio si riempie di scene e oggetti noti.
Ma qual è il gioco che si svolge a lato di questa ‘semplice’ rappresentazione? Intanto c’è un espediente tecnico che lì per lì può sfuggire anche all’occhio più attento: lo spazio che Giulia mette in scena è non è mai uno spazio ottico, ma è uno spazio ‘aptico’ (dal greco aptomai, che significa io tocco). E’ uno spazio, cioè, in cui l’occhio passa da un contorno all’altro, da una zona a un’altra, come toccando la superficie. E’ la prevalenza dei colori freddi e la marcatura delle linee a creare questo spazio in cui tutto è toccato dallo sguardo, dove la tattilità è demandata alla vista, diventa funzione dell’occhio.
Prendiamo, ad esempio, il bellissimo Forse un mattino, quadro corredato dagli stupendi versi di Montale, a cui prende in prestito l’attacco, come titolo. Nonostante la presenza del lago in primo piano, della casa sullo sfondo e del raddoppiarsi di questa nel rispecchiamento nell’acqua, prevale, nella percezione, la parte superiore del quadro, che quasi incornicia e dà la sua impronta al resto. In questa parte le linee sinuose dei monti e del cielo percorrono un’unica superficie, con minimi scarti di profondità. E’ proprio questo lo spazio della stupefacente metafora di Montale: “un’aria di vetro”. Un’ aria di vetro non è attraversabile né respirabile. E’ materia sospesa. Come una quinta, può aprire o chiudere un paesaggio, svelare o velare qualcosa. Proprio per questo solo lei può permettere che ‘accada’ la verità, per un attimo, come un segreto appena svelato e subito nascosto di nuovo. La pittura di Giulia arriva a tale attimo di sospensione perché sa disegnare, rendendolo percepibile dai sensi attraverso linee e colori, lo spazio di una rivelazione che, in se stessa , percepibile dai sensi non è.
Ma, e qui siamo nel vivo della questione, il luogo di una rivelazione, lo spazio fermo e sospeso che Giulia sa dipingere, è sempre anche un tempo, un momento sottratto al flusso cronologico delle nostre abitudini quotidiane. Per questo la rivelazione, qualsiasi rivelazione, è uno spaesamento, uno straniamento, uno smarrimento. Per questo l’artista, ogni artista, arriva alle soglie di un mondo altro, alle propaggini del Nulla. C’è una parola coniata dal grande filosofo francese Deleuze per indicare l’esperienza della perdita dei propri confini, dello sradicamento dal proprio ‘paese’: deterritorializzazione. Ma l’artista, ogni artista, ritorna dalle lande estreme a cui giunge, portando con sé le tracce di ciò che ha visto. E abita di nuovo, da straniero, il suo paese. Ogni deterritorializzazione comporta una nuova riterritorializzazione. E sono proprio questi i due poli dell’arte di Giulia Occorsio.
Lo straniamento, la perdita, la prossimità dello svanimento, abitano sempre le sue immagini, a prima vista così semplici. Li si avverte in quella sorta di eccesso di presenza del paesaggio fisico che abita molte tele. La fisicità muta della materia è presente come dato reale, inevitabile e inaccessibile, una sorta di ‘cosa in sè’ kantiana, irriducibile alle categorie interpretative dell’uomo. Ma Giulia ci mette di fronte al paradosso di una ‘cosa in sè’ più presente ai sensi dei comuni oggetti spazio-temporali della consueta esperienza sensoriale. Si pensi alla potenza attrattiva delle scogliere di Moher, dove la pietra sembra riassumere in sé tutta la forza di gravità del pianeta, tutta la capacità di attrazione di un’energia divenuta massa. Come se i pensieri, i desideri, i sospiri, le parole e le lacrime di tutta l’umanità si fossero dati convegno lì, per diventare un pezzetto del corpo del mondo. E sono le forti pennellate sinuose di Giulia a concretare la materia sporgente dal fondo come puro muto essere. O si pensi alla verticalità scoscesa delle pennellate del Ghiacciaio, o alla neve di Fuga da Kabul o allo scoglio, pura sporgenza di pienezza materica dall’indistinto di mare e cielo, dell’opera Senza titolo: pezzi di essere che sorgono dal nulla.
E Giulia sa ripetere, nelle sue tele, l’originarietà dello stupore e dell’angoscia che ha colpito l’uomo di fronte allo scenario muto dell’essere, l’incanto doloroso del momento in cui sorge la domanda del senso dell’esistenza. Heidegger diceva che è l’eccesso di ciò che viene alla presenza a far scaturire la domanda filosofica per eccellenza, la domanda sull’essere delle cose. E’ l’eccesso di presenza, infatti, a creare lo spaesamento muto, lo smarrimento. L’artista è colui che torna dalle estreme propaggini di quello smarrimento per ‘raccontare’ agli altri uomini la sua visione. Così fa Giulia. Ma lei ci parla dello spaesamento, ricreando, sempre, il paese; ci racconta la deterritorializzazione, ricostruendo, sempre, il territorio. Durante un incontro mi disse di non capire il senso delle linee, così presenti e insistenti, nel suo lavoro. “Ho questa ossessione della linea”, furono le sue parole. E’ vero. Le linee sono forti e sembrano incidere lo spazio. Ma mi piace pensare il verbo incidere nella sua duplice accezione latina: come composto da in più cado, e come composto da in più caedo. Nel primo caso significa cadere dentro, nel secondo tagliare dentro, intagliare. Le linee di Giulia cadono nello spazio per intagliarlo, ritagliando, dallo spazio dello smarrimento, uno spazio nuovo, che di nuovo accolga, racchiuda, includa. Così deterritorializzazione e riterritorializzazione, sradicamento e ritrovamento delle radici, spaesamento e ritorno al paese, sono i due poli del gioco, per riprendere l’immagine di Hegel, che si svolge a lato delle ‘semplici’ figure di Giulia. E questo succede perché la sua arte è un racconto al femminile. E’ il principio femminile dell’anima che sa raccogliere dopo la dispersione, racchiudere dopo lo sconfinamento. L’insistere delle linee, il loro ripetersi, ricostruiscono la cornice capace di contenere anche lo struggimento più sottile, la nostalgia più accorata. E c’è un’opera in cui Giulia mette in scena, forse senza saperlo, il femminile. Si tratta di Mont Saint Michel.
La piccola cattedrale che l’artista dice ‘racchiusa nel pugno di Dio’, sembra un cuore in un guscio di noce, come un tesoro custodito in uno scrigno, sempre salvo, nonostante conosca la ciclica sopraffazione delle maree. Il raccoglimento e la custodia sembrano essere la tensione continua che attraversa il lavoro di Giulia, come un filo che percorra tutte le sue opere. E’ qualcosa che è sempre in compimento, più che qualcosa di compiuto. Ma la vita ci insegna che c’è tensione solo là dove forze pari e opposte scendono in campo: la spinta al racchiudere è tanto più forte quanto più forte è il richiamo, doloroso ma irresistibile, dello sconfinamento. L’arte di Giulia ferma sulle tele l’inquietudine della vita, di quella vita, sottile ma impetuosa, che scorre nelle vene dell’anima.
2008 Pittura – Punto Arte, Via Bergamo 2/C Monza
Patrizia Crippa
Maria De Michele
2013
Percezioni allucinatorie
Lo sguardo sensibile di Giulia Occorsio attraverso l’improvvisazione di reinter-pretazioni visive sul piano dell’estetica pura giunge ad emozionarci. Il cromatismo immediato crea una terza dimensione, quel terrain vague che si trova tra l’eterno e il transitorio. I sentimenti, punti di partenza dell’artista, con un salto volontario, in un impeto propulsivo, riescono ad arrivare ad una soluzione, al vero scopo. L’allucinante progresso della tecnica digitale è capace con audacia foto- linguistica di far convergere la pittura con la fotografia creando un vocabolario nuovo dove resta emarginata la gestualità pittorica. L’occhio lavora in sintonia con la lente ottica, la quale cattura il materiale necessario alla ricerca e permette all’artista di navigare nella realtà che la circonda. La capacità di astrazione visiva di Giulia Occorsio viaggia di pari passo con la velocità segnica complessa valorizzando l’aspetto tecnologico dell’opera, fatta di passaggi infiniti ed evidenti in ogni angolo del suo percorso, dove nulla è dato per scontato. Nell’opera Inquietudine si resta in bilico tra l’immagine e la sua assenza, l’artista investiga la banalità in un flusso continuo di visioni scontrandosi faccia a faccia con la percezione allucinatoria del mondo. Barlumi di figure, frammenti di proiezioni si rincorrono in uno spazio scenico prestabilito determinando vuoti e concentrazioni. Illusione pittorica dove la resa sotterranea finale è metafora di trasgressione ed di sottile ribellione. Il lento ridestarsi della luce e dell’universo, antitetica combinazione di spazio e tempo che imprigiona l’eterno presente, l’universalità filtrata dalla luce cadenzata dal buio che dispensa bagliori destinati ad esprimere pathos e movimento. Arte digitale che va oltre la capacità manuale e tecnologica, decostruzione fotografica che con elaborazioni computerizzate esprimono il disordine, il caos contemporaneo, opere dalle quali trapela una purezza senza inganni, traspare lo sguardo ampio e vertiginoso dell’autrice. Immagini tra il surreale e il futuribile nell’opera Et notre mouvement, alienazione di deformazioni di nero e di rosso profonde, necessità di Giulia Occorsio di barricarsi all’interno della sua creatività per sfuggire ai sogni cupi e a realtà minacciose. Oscura attrazione, eccitante ricerca in un groviglio inestricabile di apparizioni e sensazioni, di lampi e precipizi . I titoli dati alle opere sottintendono il laico e lo spirituale, lo svelato e il misterioso, oscillando sui differenti registri delle intimità sospese della memoria. Pittura e fotografia che intensificandosi e sovrapponendosi si confondono in un abbraccio sempre più avvolgente. Evocazioni inafferrabili che a sostegno della delicata sfera concettuale non si lasciano irretire dal virtuosismo compositivo. La dinamica dei contenuti accentua la tensione attraverso un cromatismo talvolta acido e corrosivo. La spettacolarità dell’immagine fa affiorare il segreto della sua anima poetica, nessuna esibizione di virtuosismo tecnico ma solo volontà di manipolare una realtà transitoria per piegarla al proprio sguardo liberandola dalla propria superficialità.
Maria De Michele
Siro Perin
Preganziol 6 Settembre 2014
Il soggetto fondamentale della sua ricerca artistica e l’umanità in senso lato, nella quale l’uomo non è visto solamente come elemento fisico ma soprattutto come elemento mentale, sensoriale ed emotivo. Una ricerca vastissima che deborda dalla rappresentazione realistica a quella surreale, oppure, ad un misto di entrambe, in tal modo, il soggetto evade dalla realtà per divenire talvolta simbolico. Ella riveste l’opera di sottile ironia che viene interpretata come elemento di sdrammatizzazione del mondo (cioè dell’immagine) opera che viene esaltata anche da una dimensione teatrale dell’immagine stessa. La sua propensione per la scultura ha fatto sì che nell’opera si catalizzi una forte dimensione segnica che pervade tutto il dipinto, questo segno che le deriva per aver studiato scultura, praticato lungamente stenografia e, non ultimo, la computer art. Dimensione segnica che l’ha portata anche alla realizzazione di opere attraverso la computer art, raggiungendo ottimi livelli non soltanto estetici ma soprattutto interiori e riflessivi.
2014 Pittura e Grafica digitale – Galleria Elle, Preganziol Treviso
Silvio Perin
Rosario Pinto
Forse, a ben guardare, la chiave interpretativa della personalità di Giulia Occorsio può consistere in quella che a noi appare come una sorta di dichiarazione poetica ed esistenziale che l’artista detta in due versi di una sua poesia: “ è ancora più difficile/ è il dono della semplicità”.
Soffermandoci su questi due versi, parlando della sua poesia, abbiamo, però, tracciato anche il profilo della Occorsio-artista, giacchè nella sua personalità non è possibile distinguere – se non nella peculiarità delle manifestazioni specifiche – la poetessa dall’artista, essendo il profilo complessivo del suo intervento creativo, motivato e presieduto da una profonda coscienza del rilievo contenutistico, dal peso, cioè, e dalla responsabilità di costruire non certamente un universo di pure forme, ma un organico processo di comunicazione che consenta di attivare un fertile interscambio col fruitore, non nell’intento di trasmettere un sapere ex cathedra, ma nel bisogno – e ritorna il tema della semplicità – di poter contare su strutture stabili ed incontroverse sulle quali appoggiare l’edificio dell’interscambio psicologico e culturale.
La produzione artistica della Occorsio si offre come manifestazione produttiva che sfugge ad una perimetrazione costrittiva entro un ambito stilistico specifico e determinato, dirigendosi, piuttosto, ad una sperimentazione aperta e suggestivamente disponibile alla scoperta di nuovi mondi ed occasioni creative, lasciando spazio al fiorire di una corposità di immagine in cui il gesto che crea l’immagine ha bisogno di avvertire come unica ed indefettibile prescrizione normativa, l’ubbidienza alla consapevolezza della coscienza, che non può essere identificabile nella parola-guida di “semplicità”.
Rosario Pinto
Enrica Pasqua
Sinuose e dinamiche in un moto continuo e perpetuo, così si presentano le opere della pittrice Giulia Occorsio, artista poliedrica che ama spaziare e sperimentare molteplici tecniche pittoriche e si cimenta sempre con la medesima abilità e capacità artistica in diverse espressioni e soluzioni compositive. Figure, paesaggi, edifici empirici e sfondi sognanti sono i protagonisti del suo percorso artistico e si accompagnano armonicamente alle tonalità cromatiche di una tavolozza ricca e piena di vita. Fantasia, creatività pura e ispirazione alla realtà sono le linee guida delle sue creazioni in cui si “respira” la poesia e leggiadria dei suoi pensieri.
Exstraterrestri, silouette metafisiche e vortici di colori dal sapore espressionista si susseguono con velocità e intensità nello spazio e nelle superfici del quadro. Con altrettanta passione sono rappresentati i sentimenti umani come il dolore, la felicità, la fede, l’intensità di momenti unici come la maternità. La dimensione del sogno le appartiene ed è forte ed imperante in numerose opere in cui i suoi pensieri sembrano perdersi ed essere evanescenti ma anche la scienza, con le sue geometrie nascoste e i suoi disegni e schemi dettati dalla natura, offre all’artista un motivo di ispirazione. Grazie ad essa l’artista può cimentarsi in composizioni dinamiche così come il cosmo è oggetto di suggestioni creative che si traducono in fluttuazioni galattiche e in “presenze” quasi lunari, indistinte e antropomorfe, in spirali e vortici di luce e di energia in un “caos” di combattenti di pianeti lontani. La stessa originalità ed intensità creativa, che si manifesta in pittura, emerge con altrettanta forza e veemenza in scultura dove il “libero pensiero” dell’artista prende forma attraverso i materiali più diversi, dall’argilla alla creta al legno grezzo fino al prezioso marmo bianco e venato, lavorati tutti con la stessa attenzione al dettaglio ed al particolare. Giulia Occorsio da “vita” a forme e figure mitologiche e non, a busti singolari, piegati sotto la mano dell’artista, a bassorilievi lavorati con maestria e “leggerezza” di tocco.
Tematiche profonde ed importanti sono oggetto di analisi e rappresentazione anche nella produzione digitale in cui le composizioni, talvolta, sono simili a trame di antichi e preziosi tessuti, tal’ altra rimandano a immagini futuriste o illusorie sognanti e, non ultimo sembrano fermare e trattenere come i versi e le rime di una poesia brevi particolari figurativi o paesaggistici che evocano nei particolari paesi esotici e lontani. Le sue opere sono simili agli effetti di un caleidoscopio che genera giochi di riflessi vitrei, multipli e simmetrie dense di colori come Metamorfosi del Brutto Anatroccolo e Cavalieri che sono due esempi di sperimentazione e di avanguardia di tecniche artistiche intrise di profonda saggezza poetica.
dott.ssa Enrica Pasqua
Critico e storico dell’arte
Gianluigi Guarnieri
L’Arte di Giulia Occorsio evoca evanescenti presenze come sogni lontani che attraversano l’inconscio tramite affascinanti frames luminosi. Cromie rotanti generano femminee figure tra riverberi di luce ed interiorità sottese. Fili fluidi, di tonalità effimere, sublimano verso geometriche composizioni, apparentemente sospese come vibratili veli, che aleggiano sensibili oltre i confini del tempo.
2014 Pittura e Grafica digitale – Galleria Elle, Preganziol Treviso
Prof. Gianluigi Guarneri
Luca Franzil
Ama sperimentare, artista che si lascia guidare dal puro istinto nella sua fase creativa: le opere sono il frutto di un’indagine approfondita dell’animo per mezzo dello strumento digitale, sono lo specchio dell’acuta sensibilità di un spirito indagatore che unisce antico, presente e futuro creandone un mix originale ed evocativo.
dott. Luca Franzil
Antonella Di Benedetto
Monza Dicembre 2022
Artista poliedrica e multidimensionale,
Eclettica, passionale, dirompente, visionaria la sua Arte, screziata di note nostalgiche e melanconiche.
Dotato di una potente ironia, il suo sguardo, sempre arguto e a tratti beffardo, attraversa la società contemporanea attestandone e prevedendone il cambiamento; scruta l’animo umano, cogliendo le caratteristiche universali dell’umanità, costruendo un DNA – immaginario eppure così realistico – dell’umana essenza.
Spirito libero, dalla mente irrequieta, ci rende la sua Arte a più dimensioni: dalla pittura alla scultura alla grafica digitale alla scrittura alla poesia.
Costantemente circondata da queste cinque Muse e profondamente ispirata da tutto ciò che riesce a catturare con i sensi, ci consegna attraverso la sua Arte, non soltanto bellezza e intelletto, ma anche un importante documento storico-sociale.
Un’artista unica nel suo genere e pertanto non relegabile ad alcun movimento o tendenza.
Giulia Occorsio esprime le sue creazioni attraverso lo sguardo di chi è pienamente nel mondo e allo stesso tempo alla costante ricerca di una dimensione ideale e assolutamente stra-ordinaria”.
Antonella Di Benedetto