Indice
A UN BAMBINO
Non negargli sorrisi:
sono il suo pane quotidiano.
Non mentirgli,
i suoi occhi sono grandi calamite
assetate di verità.
Non confonderlo,
ha sete di certezze.
Non frenare i suoi entusiasmi,
avrà tempo per controllarsi.
Non raccontargli di lupi mannari,
non riuscirebbe a liberarsene.
Nutrilo d’amore,
non ne avrà mai abbastanza.
Parlagli col cuore,
t’intenderà certamente.
AL POETA
Come se un foglio di carta
dipinto di parole
potesse servire a qualcosa povero poeta!
Perché sorridi mesto?
Dici che non sono soltanto parole?
E’ forse amore la molla
che ti spinge ad imbrattare
fogli puliti?
Oppure la presunzione
che qualcuno perda
il suo prezioso tempo
nel leggere i tuoi scintillanti delirii?
Porse nel comporre versi
credi di vincere l’eterna solitudine,
che, ahimè, non è del resto
tuo esclusivo monopolio.
Travisi la realtà:
la nuda e cruda morte
diventa l’odorosa amica dei cipressi.
Pietosa attenuante per temerla forse di meno?
Paragoni il sole ad un’arancia infuocata.
T’immagini a mangiarla?
No, ti prego non t’inquietare:
non volevo biasimarti.
Qualcuno ti darà del mentecatto
per tanta colorata fantasia,
un altro penserà che sei un po’ matto
per quella delicata poesia.
Non ti crucciare,
continua a vagheggiare,
dai sempre spazio
alla celeste anima,
alta bandiera libera nei cieli.
Un pò di poesia
fa bene al cuore:
è un’anima che dolce,
ne culla altre.
LA BALLATA DEI GIORNI FELICI
Rincorrevamo sorrisi
sulle labbra degli amici,
e rubavamo baci
sotto i lucenti olivi.
La tristezza era una malattia
che scansavamo come la peste.
E mangiavamo come affamati
tutto quello che ci capitava.
Vestivamo di stracci
e ci sentivamo dei regnanti.
Non capivamo il dolore altrui,
nei felici giorni dell’egoismo.
E facevamo l’amore con allegria,
il mondo era tuo e mio.
E scherzavamo come dei matti,
con giocattoli di sassi ed acqua.
Imitavamo i versi degli animali
per esprimere l’assoluto naturale.
Cantavamo senza preoccuparci
di stonare
e ballavamo con grazia elefantiaca.
Tiravamo con fucili immaginar!
le cartucce delle nostre possibilità.
Innalzavamo alti castelli di sabbia
per difenderci dai lupi.
Non pensavamo agli altri
nei felici giorni dell’egoismo.
Poi hanno abbattuto i lucenti olivi,
gli amici sono stanchi di scherzare,
preferiamo cibi particolari,
amiamo vestirci di seta,
i nostri corpi si stanno impigrendo,
compriamo giocattoli costosi,
prendiamo lezioni di danza,
terremoti nucleari ci devastano
e i giorni felici si allontanano.
CEDIMENTI
Immagini sfaldano nel tempo
linee contorte
di figure eclissate
attraverso torrenti
di emozioni sopite.
Sgretolano ricordi
rutilanti lacrime silenti
nel cuore ibernato di esseri in attesa.
Cedimenti franano nelle vene
e il sangue
rimuove i grumi annidati dal tempo.
E SE UN GIORNO
E se un giorno
vagando per strade asfaltate
corrose dai mostri d’acciaio,
catturi un sorriso,
non schivare
colui che ruba al tempo
un frammento gioioso.
E se un giorno
il sole ti acceca
più forte,
se il sole ti scalda le membra gelate,
se il globo di fuoco
ti fonde i pensieri,
ringrazia di essere nato.
E se un giorno
un bambino piccino
ti guarda indifeso,
il braccino sospeso,
cercando carezze
mai prese,
ricorda d’avere due mani.
E se un giorno
il dolore ti annienta,
un tormento violento
ti spezza la mente,
ed antiche tragedie
dilaniano il cuore,
ricorda quel Cristo
morente sul legno
e ringrazia per quel
che t’ha dato.
E VENNE LA NOTTE
Il giorno si perse nel lutto delle tenebre.
E venne la notte.
L’ala dello sparviero carpì
luci e colori dal cielo.
E venne la notte.
E il tuo albero verde fu dipinto di viola.
Sorrisi si spersero
tra lenzuola orlate di lacrime.
Il silenzio lacerante della notte
spaccò i timpani di chi notte
non voleva venisse.
FANTASMI
Presenze misteriose
di anime perdute.
Qualcuno giura
d’averle vedute.
Spaventapasseri di psiche
i vaghi fantasmi
delle nostre paure.
Ambigui destrieri
roteanti nel nulla,
cavalieri senza macchia
e senza paura,
dame sciagurate
ed uomini invasati
giostrano al tardo tocco
del sentimento buio.
Cassandra rinnega la loro potenza
attribuendoli a maldicenze.
Saffo se ne libera
col suo roccioso volo.
Socrate li beve avidamente.
Ermione voluttuosa
li accoglie festosa.
Cesare li sfida a duello.
I vinti li rammentano.
I vincitori li rinnegano.
I morti li posseggono
e i vivi aspettano.
FRATELLO SCONOSCIUTO
Discorrendo una sera
di inutili tormenti, amico mio,
fratello sconosciuto,
mi hai rammentato
vele alte e fragili
che battono per mari
difficili e lontani.
Il senso delle cose
non ha senso
se vogliamo ostinarci
a decifrarlo,
il succo agrodolce della vita
trasuda sale
su gote trasparenti
e miele se impregna
anime innocenti.
Cani bastardi seguivano quella sera
un airone dagli occhi di gazzella
intento a placare vecchie furie
da tempo possedute.
Difficile toccare l’orizzonte.
E quella sera,
fratello sconosciuto,
ti ho voluto bene
perché non fingevi neanche con tè stesso.
GABBIANI
I più gentili,
i più fragili.
Forse i più belli.
Candidi tra i candidi.
Senz’altro timidi,
comunque i più liberi.
Ali leggere di salate solitudini.
Dignitosi,
per niente curiosi,
silenziosi.
Eppure chiacchierati,
molto chiacchierati.
Gabbiani,
stendardi bianchi,
quante parole per voi:
giovani esclamazioni,
omertà di sorrisi,
paragoni di tristezze.
Gabbiani,
spire levissime
in movimenti circolari,
l’uomo tace
e guarda pensoso
la semplice regalità
del gioco.
IL MARINAIO
Occhi di giada
in volto di pietra.
Il riverbero crudo del sole,
non velerà al tuo cuore
l’immensa distesa
d’acqua salata.
IL TEMA DEL SILENZIO
Di silente superbia s’ammantò la notte
procrastinando le ore chiare
che al tocco del risveglio
l’avrebbero tediata.
E tacque il giorno cedendo
il tema del silenzio
a spazi segreti di meditate ore.
Il ricorrente tema del silenzio
regnò sovrano da mezzanotte all’alba
di un giorno assai lontano,
senza cessar di rinnovar
l’arcano.
E tra lenzuola chiare
e templi di cemento,
il ricorrente tema del silenzio
librò leggero in volo
oscuri dinamismi di anime incomprese.
IL VENTO
Violento spazzi pensieri del tempo. Leggero carezzi le chiome lucenti.
Furioso e tremendo, tramando e cantando soffermi l’incanto di un antico pianto.
IN CITTA'
Tra mostri di cemento
e macchine d’acciaio
colombi grigi ed uguali
disperano invano
identità terrestri.
I passeri piccini e intelligenti
ricercano quel verde
che appare inverosimile
all’occhio della gente
che incredula li scova.
Ci coglie alla sprovvista
il tocco di campane,
ballata anacronistica
per gente smaliziata.
Persino nelle bestie,
nei cani ed altre specie,
ritrovi angosce meste
di smanie cittadine.
Fontane ibernate
sospirano da tempo,
acque gioiose per irrigare prati.
Mendicanti in scarpe da tennis,
camuffano miserie
in competizioni assurde.
INCONTRO
Andavi lenta nel meriggio assolato.
Mi sono incantata!
Trame d’argento ti solcavano il capo gentile
lo sguardo glaucamente opaco
di chi ha dipinto sul volto
dolori e melanconie trascorse..
Sulle tue labbra mosaici di pieghe dolci e grevi:
bilancio finale di conti saldati in pareggio.
Tré le esili e azzurrine dita
un sacchetto di carta fiorata:
chissà, dolcezze da donare a un piccino
Ed eri bella,
nonostante la clessidra inesorabile del tempo
che volgeva alla fine dei tuoi sensi.
LA MENZOGNA
L’alta stele alla quale porgi
l’ossequioso inchino,
ti incute paura:
è la Menzogna.
Si è vestita di sgargianti colori.
Si è messa un sorriso smagliante.
Ti tende le braccia invitante.
Ti viene vicino e ti prende per mano:
ti vuoi raccontare una favola bella,
una storia sincera di uomini e cose.
Si vuoi fare in quattro
per farti partecipe di cose incredibili,
avventure impossibili.
Signora e padrona
del meschino cervello
di un triste sciacallo,
che mente dinanzi alla gente,
perché è l’unica cosa che gli hanno
insegnato.
LA PIOGGIA DEL MESE DI MAGGIO
La pioggia del mese di maggio
è un sogno angosciante
che rimane nel cuore assonnato
di chi invece portava speranze
assolate di giorni turchini
e violenti, di amori ridenti,
di prati splendenti, di vite
nascenti al tocco gioioso
di corpi esultanti
che il tempo vorrebbe domare.
La pioggia del mese di maggio
somiglia al tuo pianto
monotono e lento
che il vento vorrebbe migrare.
La pioggia del mese di maggio
somiglia al mio pianto
sonoro e violento
che il tempo
non potrà fermare.
LE ONDE
Sul vasto palcoscenico marino,
protagoniste onde ballerine.
Il vento, coreografo geniale
dirige le affascinanti file
in danze chiari e lievi.
Spumando in flutti bianchi
e trasparenti,
scompongono figure
d’azzurri paraventi.
Avanzano per gradi,
con grazia incomparabile,
attente a non sfiorare
le compagne.
S’arrestano leggere
ai limiti del palco,
si chinano un istante
per rinnovar le forze,
riprendon movimento,
moltiplicando scene
per estasiare sguardi
di spettatori intenti.
LUCI NELLA NOTTE
Bagliori tremuli occhieggiano lontano
tra muri sommersi, dipinti di buio.
Cieli scuri, sospesi nel vuoto,
echeggiano velluti grevi
di antichissime dame.
Finestre di case lontane
smorzano micce d’oro
piegando al silenzio.
E tutto tace fra luci nella notte
che osservano stelle lontane
riflesse nei loro grembi.
L'INDEFINIBILE SUPREMO
Sull’orizzonte vasto e inafferrabile,
dove occhi catturano paesaggi misteriosi,
l’indefinibile ci prende alla sprovvista
in trame angoscianti.
Raggio di sole, che fendi balenando fulgori
tiepidi e sereni,
campi dorati e prati smeraldini,
il tuo caldo potere tramanda storie
che chiamano alla mente un sogno irraggiungibile.
E per le strade,
frugando negli occhi della gente,
fermando volti e gesti
consueti e sempre nuovi,
l’indefinibile ci assale con forza leonina,
tarpandoci le ali,
zittendoci le labbra.
MEMENTO
Il vento racchiude
segreti del tempo
e sospinge lontano
anime di passanti distratti
che non si fermeranno
a contare i petali dei giorni.
Il cielo nasconde
verità terrestri
nel suo scrigno di evanescenti fumi
per uomini che gli volgono
sguardi rassegnati e stanchi,
emigranti speranze.
La terra, abbraccia il mondo
con salde radici,
imponendo al suo cuore in subbuglio
sacri silenzi per i figli che soffrono.
MIRAGGIO D'ESTATE
Un sole cocente
che s’appiglia ai muri
e succhia avido
in piccolissime fessure.
Lucertole affannose ed incerte
tra fili d’erba.
Qualcuno spia fra pieghe d’arsura
irraggiungibili aliti di vento.
Ciottoli dorati e polverosi
osservano muti
corpi imbalsamati,
oasi di oziose e prolungate soste.
Miraggi roventi
di ambra e miele
fusi in atmosfera.
NEBBIA
Ovattano rumori tra fumi trasparenti.
Strade deserte inseguono ectoplasmi
frettolosi di uomini fuggenti.
Riti antichi di lamine taglienti
in piogge argentee stillano
nettamente su grondaie
lucide e rosse di pietra consumata.
Luci appannate dal gran velo invernale
occhieggiano fugaci fra i muri e nelle case.
Il lungo tunnel fumoso
si estende maestoso
contraddicendo aneliti
di imminenti bagliori.
NEL PARCO
Ombrosa e verde oasi
di anime vaganti,
il parco ci accarezza
con verdi rosseggianti.
Fogliami scuri e chiari
intersecano rami
che esprimono mosaici
di verdi naturali.
Alberi secolari dalla corteccia scura,
troneggian maestosi su prati circolari.
Fremendo lievi, passeri
sbucano da fogliami
e cambiano leggeri il gioco delle ali.
E tutto il sole si perde
nel luccichio del tempo.
E tutto il sole si cela
nel bianco dei miei pensieri.
NON V'E' ETA'
Non v’è età per un sorriso.
Volti antichi e corpi segnati dal tempo
vogliono mettervi in quarantena.
C’è forse un tempo per avere
ed un giorno per donare?
E nelle chiese i volti si confondono,
qualcuno forse spicca più pallido,
ma la preghiera è eguale.
E nei giardini, sulle panche,
c’è posto per tutti.
Non v’è età per l’amore.
Il cuore e il corpo pretendono calore.
Le note di una canzone appena sussurata,
son forse meno dolci
di un canto di gola spiegata?
Non v’è età per l’amicizia.
Nonni e nipoti: i più gioiosi alleati.
E nelle vie, per le strade del mondo,
i cammini da percorrere hanno corsi ben precisi:
si arriva tutti al vespro.
Non v’è età per la vita.
La forza di una pianta giovane,
necessita di sagge ed antiche cure.
Non v’è età per un cuore
che pulsa disperato
inseguendo le chimere del mondo.
NOVEMBRE
Velano pomeriggi nell’aria nebbiosa
di luci rarefatte.
Nelle membra
sentori di umidi messi invernali.
Novembre alza le falde
del suo mantello grigio,
liquefacendo lontani umori estivi.
Un passero timidamente rannicchiato
nel cavo di una pietra
cerca invano tepore
sgrullando le tenere piume.
Bimbi dagli occhi lucidi e grandi
sostano dinanzi al venditore
di castagne.
NULLA POTRA' IL TEMPO
Il tempo non potrà cancellare
la tua assenza amore mio.
Forse i capelli imbiancheranno
ma la mia anima stanca,
ti cullerà ancora tra
pieghe d’alba nitide e silenti.
Se queste mani fragili e tremanti,
bussole d’orizzonti irraggiungibili
potessero aiutarti in qualche modo,
rinnoverei tenacie inarrestabili.
Nulla potrà il tempo
al tuo ricordo.
Le membra disadorne e spoglie
di un corpo consunto e solo,
muoveranno ancora verso
il tuo profumo,
e l’armonia struggente
di note antiche
si ricongiungerà col nostro idioma,
quando esplodevano verdi e rigogliosi
dorati mattutini della nostra primavera.
Amore mio, nulla potrà il tempo
al tuo sguardo infinito,
in questa valle di lacrime e dolori,
tu prezioso fiore del mio giardino
sarai sempre nutrito e coltivato
sino all’ultimo giorno del tramonto
e quando il sole calerà
dietro il sipario della vita
verrò a cercarti
in alto, tra le stelle.
NUVOLE
Dense e fumose,
lente e inarrestabili
le nuvole varcano
gli spazi aerei.
Muovono gli otri d’acqua
andando verso i mari
e portano messaggi
di piogge torrenziali.
In mille fogge strane
esprimono disegni;
figure incerte e vaghe
che tracciano pensieri.
Scherzano dispettose,
velando il globo d’oro,
si celano bizzose
filtrando raggi chiari.
Di notte, minacciose,
s’aggrappano alla luna
cercando vanitose
argenti iridescenti.
Volubili esplosioni
di celi influenzabili,
continuano a creare
le evoluzioni bianche.
OCCHI
Occhi, essenza umana,
assioma esistenziale.
Occhi, miserie e splendori
di crudeltà terrene.
Occhi, brucianti e fieri
di spiriti mordenti.
Occhi, appannati e spenti
di vecchi stanchi e lenti.
Occhi, celesti e puri
di creature sicure.
Occhi accecati da
pianti disperati.
Occhi che troppo han visto
il giogo del mondo tristo.
Occhi in trepidanti attese
anelanti sorprese.
Occhi di gente umiliata
da troppo tempo insidiata.
Occhi cupi e cattivi
di messaggi furtivi.
Occhi trabboccanti d’amore
che riempiono il cuore.
Occhi che in giro cercate
pienezze esacerbate,
messaggi in codice
di verità nascoste,
note limpide e chiare
sul pentagramma umano.
OGNI GIORNO
E’ vero,ogni giorno
i riti si ripetono.
Le nostre voci
frangono barriere.
Le mani, spesso,
arrancano nel vuoto.
Bocche pronunciano
nuovi discorsi
vecchi come il mondo.
Volti tramandano
stirpi di razze in estinzione.
L’odio continua implacabile
le sue distruzioni,
i dubbi attanagliano
gli uomini di pace,
la cattiveria semina
ancora messi di dolore,
l’amore ogni tanto
tenta dei miracoli
e il mondo ricicla
umani animali.
Ma ogni giorno
gocce di vita
piovono all’infinito
su radici millenarie
che ostinano terreni
corrosi e indistruttibili.
Ed ogni giorno
vite rifrangono
di uomini in tempesta
per mari sconosciuti.
PARADISI ARTIFICIALI
Tra spire azzurre di veleni,
deformi i tuoi pensieri,
e l’ago che inietti nelle vene
è fiore senza frutto.
Paradisi artificiali
serpeggiano liberi nel corpo
stanco di lottare.
Domar la vita
con sferze d’illusioni.
Amache invisibili
ti cullano leggere
e portano lontano
dove mare e cielo
fondono i turchini inimitabili
e l’Eden è terra
dove sei padrone incontrastato,
e non v’è paura di notti
intrise di ombre cupe e minacciose
e ancora più alto,
tra fasce di arcobaleni impazziti di luce.
Culle d’oblio avvolgono
in folli incantesimi
e l’anima stanca di fuggire
si piega sfinita.
Ma breve è il sogno:
picchia cruda la realtà.
Soltanto una ferita sulla pelle
e il cuore malmenato.
S’accavallano timori,
violentano tremori
e la paura ritorna danzando
il suo sabba infernale.
PASSEGGIANDO PER VENEZIA
Bigio e guardingo
per le calli silenziose
un gatto sfiora veloce
ciottoli d’antica pietra.
E’ notte:
Canal Grande, nastro di velluto nero,
cela diurni segreti
fra pieghe d’acqua scure e tremolanti.
Piazza San Marco tace.
Tutti i ritrovi chiusi.
Palazzo Ducale pizzo pregiato
d’un merletto raro,
maestoso alfiere
della regale scacchiera,
osserva silenzioso il campanile.
I mori, complici di visioni antiche,
battono le ore del tempo.
POMERIGGIO TRANQUILLO
Un merlo fischia monotono
il suo verso e il sole
tra grate di ferro arruginito
dipinge chiazze di luci
che intersecano vezzi
su pietre salde e bianche.
Incanto d’un meriggio
profumato d’oleandri
sensuali e colorati.
Un alito di vento
fra tende leggere,
complico di ozii pomeridiani,
sospinge i lembi fragili
occhieggianti da un balcone.
Nella tua stanza amore,
lenzuola pulite e
un bricco di caffè profumato
per celebrare un pomeriggio tranquillo.
SETTEMBRE
Ritorna il settembre
dopo giorni caldi e inamovibili.
Gli olivi gonfiano i loro frutti
i rosari turgidi e verdi
e viti esplodono
nell’oro più prezioso
di orafi contadini.
Il sole concede fresche pause
a venti tepidi e leggeri
e il mare dipinge
in toni rosati e turchini
tramonti pacati e sereni.
Rimuove il settembre
vigori sopiti
negli estivi trascorsi.
Rinnova il settembre
amori sospesi da tempo.
SOLITUDINI
Come bandiere issate a venti leggeri,
foglie ingiallite dai tempi
evocano solitudini.
Solitudini di sorrisi
smorzati a mezz’aria,
di mani ritratte
per paura di dare.
I campi dorati di grano
smarriscono il loro pittore,
il geniale maestro
che donava colore;
gli altari di marmo
osservano scure figure
che piangono meste le loro paure.
Solitudini: nenie ossessive
martellano lente.
Il vento ha rubato
le foglie a cipressi angosciati,
qualcuno ha ghermito le gemme
a rami ansiosi di fresco.
Solitudini: trappole infernali
di opachi cervelli
appannati da dubbi salmastri:
il sale corrode le nostre memorie,
il vento le spazza lontano.
Aculei di ghiaccio,
trafiggono il cuore malato
di chi non ha amore.
Solitudini di pianti
celate in segrete di cemento
sbiadite dai ricordi.
Le fronti pensose
poggiate sui vetri,
rimembrano volti offuscati.
I corpi avvizziti dal male
rimpiangono giorni lontani
passati strappando ranuncoli ai prati.
SPERANZE
Speranze: attitudini velate d’orgoglio
Nembi solari nel gelido credo invernale.
Domicilii di spazi infiniti
rifrangono di luci abbaglianti
il buio delle nostre emozioni.
Speranze, caduche foglie,
che il tempo
porta al braccio
del suo gran cesto di ceneri fredde.
SPIAGGIA
Terra sottile e chiara di polveri leggere, la spiaggia si riscalda ai torridi bagliori. Gente distesa al sole la copre in grandi tratti. Sulla battigia tersa donne dai sensi acerbi passeggiano leggere. Feconda e silenziosa accoglie i nostri corpi, a lei puoi confidare reconditi silenzi con la certezza piena del suo silenzio d’oro. Qualcuno la violenta scavando delle fosse, un altro l’accarezza placandone i tormenti. Dorata e silenziosa la bionda oasi tace, pensando solo al tempo del ricongiungimento con il suo azzurro amante.
TEMPORALE
Squarciano i celi
trame incandescenti
saettanti e chiare,
fendono balenando
l’atmosfera.
Il temporale avanza
minaccioso
genuflettendo un sole
riottoso.
Portoni di case antiche,
e nuove,
temendo rappresaglie
di grandini taglienti
richiudono veloci sui battenti
dimenticando fuori
foglie e venti.
Incalza urlando il tuono
missive battagliere,
codici minacciosi
di strategie celesti.
Nuvole gonfie e scure
prorompono stillando
acque veloci e dure
che tracciano sentieri.
Simbiosi di elementi
eleggon movimenti
di acque ed arie
che pugnano lontano.
La terra ormai tediata,
da tutto quel fragore,
risponde indispettita
creando degli umori.
UNA LUCE TRA GLI OLIVI
Argentea l’olivo
sotto il luccichio di una lampada muta.
Sera d’agosto,
esodo di una calda estate.
Residui di salsedine smuovono
rapsodie di insetti
in concerti frizzanti e leggeri.
Nerine tra dune di ghiaia
muovono verso lidi
nascosti e irraggiungibili.
Il lento rimestio del mare
ricorda solfeggi studiati
con assidua pazienza
da vecchi pescatori
in cerca di squame gloriose.